Il tumore al colon rappresenta una delle forme di cancro più diffuse in Italia, ma anche una delle più prevenibili. La diagnosi precoce, unita a uno stile di vita sano, può fare davvero la differenza nel ridurre il rischio e aumentare le possibilità di guarigione. Eppure, nonostante le campagne di sensibilizzazione, molti ignorano l’importanza dei controlli regolari o rimandano gli esami per paura o disinformazione.
Ne parliamo con la Dott.ssa Emma Baiano, specialista in chirurgia generale ed endoscopia digestiva, che esercita la sua attività professionale principalmente in Campania. La Dott.ssa Baiano è inoltre medico accreditato Eccellenza Medica, il portale di prenotazioni mediche online presso centri di eccellenza selezionati ed accreditati.
Un’occasione preziosa per fare chiarezza sui principali fattori di rischio, sui sintomi da non sottovalutare e sull'importanza degli screening, con l’obiettivo di promuovere una cultura della prevenzione più consapevole e accessibile.
1. Dottoressa, il tumore al colon è tra i più frequenti in Italia. Ci può aiutare a capire perché è così diffuso e quali sono i fattori di rischio più importanti da conoscere?
"Nel 2024 in Italia i tumori in assoluto più frequenti sono stati quelli della mammella (53.686 casi circa), del colon-retto (circa 48.706 casi), del polmone (circa 44.831 casi), della prostata (circa 40.192 casi) e della vescica (circa 31.016 ). Per cui, come è evidente, il tumore del colon retto in Italia è il secondo per frequenza. I fattori di rischio sono molteplici. Parliamo dell’alimentazione: una dieta ricca di grassi e proteine animali e povera di fibre (frutta e verdura) incrementa il rischio, che può essere ancora più alto se si fa anche largo uso di alcolici.
Le alterazioni genetiche ereditarie: avere cioè una storia familiare di tumore del colon-retto fa aumentare il rischio di produrre la malattia se questa è stata diagnosticata in un parente stretto (genitore, fratello o sorella) a età inferiore a 45 anni oppure in più parenti stretti della stessa famiglia. Ciò significa che vi è una predisposizione alla malattia conseguente a una mutazione genetica ereditaria.
Vi sono poi le malattie intestinali: gli individui con lunga storia di colite ulcerosa o di morbo di Crohn hanno un alto rischio di sviluppare un carcinoma del colon-retto.
Infine, ma non per importanza, obesità, fumo e vita sedentaria possono accrescere il rischio di sviluppare un tumore del colon-retto.
Esistono poi due rare malattie genetiche associate a un alto rischio di sviluppare un carcinoma del colon-retto: la poliposi adenomatosa familiare, caratterizzata dalla presenza di numerosi polipi sulla mucosa, e il carcinoma colorettale ereditario non associato a poliposi, in cui tumori intestinali si sviluppano in giovane età, interessando talvolta più parti dell’intestino".
2. Sappiamo che la prevenzione può davvero fare la differenza. Quando è consigliabile iniziare i controlli e con quale frequenza andrebbero eseguiti per essere davvero efficaci?
"La prevenzione del tumore del colon-retto si basa su controlli periodici, i cosiddetti screening, perché la malattia spesso si sviluppa a partire da polipi benigni che lentamente malignizzano (in 7-10 anni) e che, una volta scoperti, possono essere asportati. In genere l’inizio dell’età dei controlli coincide con l’età dello screening: in Italia a 50 anni in assenza di fattori di rischio; a 40 se un parente di primo grado ha contratto la malattia (o 10 anni prima dell’età d’insorgenza al parente).
Per quanto concerne la frequenza del controllo, dipenderà ovviamente dal controllo stesso: in caso di FIT (Test immunochimico Fecale)/FOBT (Test del sangue occulto fecale) la ripetizione può essere annuale. In caso di esami più invasivi, cioè la colonscopia, se non c’è familiarità e la colonscopia è negativa, si ripete anche ogni 10 anni. Se vengono trovati polipi, la colonscopia si ripete dopo 3 anni.
Se c’è familiarità, se il familiare è uno e di età superiore ai 60 anni, il controllo è come per la popolazione generale in cui non viene riscontrato nulla: una colonscopia ogni 10 anni. Se il familiare ha meno di 60 anni: colonscopia ogni 5 anni, iniziando a 40 - 45 anni. Nelle sindromi genetiche come la poliposi di Peutz Jeghers, controlli molto ravvicinati (anche ogni 2 anni)".
3. Quali sono i sintomi iniziali che dovrebbero far suonare un campanello d’allarme?
"I segni di allarme che devono spingere al controllo sono: evidenza di sangue nelle feci, cambiamenti dell’alvo (stitichezza, diarrea, feci sottili), sensazione di evacuazione incompleta, dolori, crampi addominali ricorrenti, stanchezza marcata o anemia, massa o gonfiore addominale".
4. La colonscopia è spesso vista con timore, e questo porta molte persone a rimandare il controllo. Ci può spiegare in cosa consiste davvero questo esame e quanto è importante nella prevenzione del tumore al colon?
"La colonscopia è l’esame gold standard per l’esplorazione del colon. È un esame endoscopico nel quale un medico introduce per via trans anale un tubo flessibile sottile, dotato di telecamera che consente la visione diretta della mucosa del colon retto con immagini proiettate in un monitor medicale. Permette di diagnosticare polipi, infiammazioni, diverticoli, tumori, eseguire biopsie ed, eventualmente, rimuovere polipi".
5. In ambito medico si parla sempre più del legame tra stile di vita e salute. Nel caso del tumore al colon, quanto incidono davvero alimentazione, sedentarietà o fumo? E ci sono abitudini quotidiane che possono aiutare a ridurre il rischio?
"Il rischio è aumentato dall’assunzione di carni rosse e lavorate, da una dieta povera di frutta, verdura, cereali; mentre è ridotto da una dieta ricca di legumi, frutta e verdura.
La sedentarietà aumenta il rischio di tumore del colon-retto, mentre l’attività fisica regolare, riducendo il rischio di obesità e favorendo la motilità intestinale, riduce il rischio di tumore del colon retto.
Il fumo, ovviamente, su una predisposizione, potrebbe essere una causa scatenante. L’alcol va evitato o usato con estrema moderazione. Mantenere un BMI tra 18,5 e 24,9. Bere acqua regolarmente per favorire la motilità intestinale e naturalmente eseguire regolarmente i test di screening".
6. Chi ha familiarità con questo tipo di tumore spesso vive con una preoccupazione in più. Come cambia la prevenzione in questi casi? E ci sono percorsi specifici da seguire?
"Ha detto bene, chi ha un familiare di primo grado con tumore del colon retto, ha un rischio anche tre volte maggiore rispetto alla popolazione generale. Il rischio è maggiore se il tumore nel parente è diagnosticato prima dei 50 anni.
Si eseguiranno controlli specifici: lo screening non oltre i 40 anni; eseguire preferibilmente colonscopia che è più sensibile rispetto al test SOF. La colonscopia va eseguita al massimo ogni 5 anni. Eseguire anche test genetici idonei. Far diventare proprie le abitudini quotidiane protettive (dieta ricca di fibre e povera di grassi, carni rosse, zuccheri, fumo e alcol; buona idratazione e mantenere il peso corporeo sano)".
7. Molti, comprensibilmente, vivono l’idea dei controlli con un po’ di timore o esitazione. Cosa si può fare, secondo lei, per avvicinare le persone alla prevenzione in modo più sereno e consapevole?
"Potremmo stilare una mini-guida pratica per affrontare i controlli per il tumore del colon retto in modo sereno e consapevole. Informarsi con chiarezza, leggendo schede informative, conoscendo la preparazione, la durata e cosa succede durante l’esame.
Essere consapevoli che oggi l’esame si esegue in sedazione, per cui è assolutamente indolore. Seguire la dieta e le indicazioni pre-esame fornite dal medico e usare pro-memoria per la data dell’esame. Parlare delle proprie paure con un medico, uno psicologo o un infermiere. Focalizzarsi sui benefici della prevenzione. Coinvolgersi nella prevenzione quotidiana".